15 giugno, un sì per i diritti

IL NOSTRO REFERENDUM

editoriale di Guglielmo Epifani, segretario nazionale della CGIL

(Liberazione, domenica 18 maggio 2003)


Sono giorni difficili per l'Italia. L'attacco del Presidente del Consiglio alla Magistratura, all'informazione, alle bandiere rosse, ai corpi e ai soggetti sociali della rappresentanza è oramai quotidiano. E non credo sia frutto di esternazioni casuali, ma sono convinto si tratti di una strategia ben precisa che nasconde un disegno politico forte, basato su un'idea del governo che si regge su un'idea autocratica del potere. Così vanno intese le caratteristiche fortemente plebiscitarie nei suoi molteplici messaggi e l'idea di chi intende esercitare non la funzione del governo con responsabilità e rispetto, bensì quella del potere inteso in senso stretto, per stabilire un rapporto diretto con il cittadino, scavalcando e ignorando tutti i corpi sociali della rappresentanza intermedia, siano essi i Comuni, le Regioni, oppure le organizzazioni sindacali. I problemi del Paese però sono altri, la crescita che non c'è, il declino che avanza, l'inflazione che cresce, lo sviluppo che stenta. Ma il Presidente del Consiglio non se ne occupa, non dedica il suo tempo, come sarebbe naturale, ai problemi veri del Paese, quanto ai suoi interessi. Anche se Berlusconi, dopo i reiterati proclami su una crescita portentosa, è stato costretto ad ammettere che il Paese va indietro, cresce assai meno del previsto. E il governo che fa? Galleggia, non mette in campo alcuna azione, alcuna politica per invertire una tendenza che oramai da tutti viene giudicata negativa. Tutto questo si traduce, per il lavoratore e per il cittadino in una riduzione progressiva delle certezze, si alimenta una paura per il futuro. Le politiche del governo operano per disgregare, non per unire e rendere più coeso il nostro Paese.

La Cgil da tempo ha denunciato il rischio di un declino industriale crescente. Ci dissero che eravamo catastrofisti, ma ora sono in molti a condividere la nostra analisi. La via per uscire da questa situazione difficile non è quella di mettere in campo politiche che rompono la coesione sociale e la completa deregolamentazione. Quello di cui avvertiamo soprattutto l'esigenza è un salto di qualità di natura culturale, per passare da un'idea della competitività che si basa sulla flessibilità del lavoro e dei diritti a un'idea dello sviluppo fondato sulla qualità e sulla coesione sociale. Per noi sono due facce della stessa battaglia sui diritti dei lavoratori e di cittadinanza che la Cgil sta portando avanti, da tempo. Su questo, sono convinto, il nostro Paese potrebbe fare il salto necessario, e riuscire a fare sistema. In questo momento di sofferenza democratica, forte si deve levare la voce di chi, come la Cgil difende le istituzioni. Il referendum del 15 giugno è uno strumento di democrazia diretta e di partecipazione. Non è il referendum della Cgil, per la quale la via maestra per estendere e qualificare i diritti resta la via delle riforme legislative, ma c'è. Il direttivo della Cgil ha deciso di dare indicazione di voto per il sì, un sì per le nostre riforme e per i diritti. Staremo in campo in modo autonomo, con le nostre idee e le nostre proposte, sulle quali abbiamo raccolto oltre cinque milioni di firme coinvolgendo cittadini, lavoratori, giovani e ragazze che hanno visto nella Cgil e nella sua battaglia per i diritti un punto di riferimento certo.

Votare SI il 15 giugno è importante perché "libertà è partecipazione", ma anche per dare un segnale netto e deciso contro l'attacco del governo e della Confindustria ai diritti del lavoro: la legge 30 sul mercato del lavoro apre varchi alla riduzione di fatto dei diritti fondamentali, compreso l'articolo 18.

Per "Liberazione" oggi è un giorno importante. Cambia e si trasforma. Ogni voce libera nel mondo dell'informazione, soprattutto in questi tempi difficili, rafforza quel tessuto democratico che oggi è così sofferente. La solidarietà della Cgil, forte e convinta, va a tutti quelli che sono oggetto di minacce continue, all'oramai quotidiano attacco alla Rai e alla autonomia dei giornalisti. Un'informazione che dà voce e spazio ai lavoratori e alle lavoratrici, ai loro diritti e alle loro storie renderà questo nostro lavoro meno solitario. Anche perché le persone che lavorano non trovano la giusta rappresentanza nella cultura, nella comunicazione e nell'informazione.